
Nicolò Carnesi è un cantautore palermitano di nascita e cosmopolita per vocazione. La sua scrittura acuta e cinica si muove con disinvoltura tra sonorità elettroacustiche, tradizione italiana e brit pop anni ’80, creando un universo sonoro unico e riconoscibile.
Scoperto giovanissimo dalla Warner Chappell, Carnesi ha costruito negli anni un percorso costellato di collaborazioni prestigiose: da Brunori Sas a Lo Stato Sociale, da Dente a Dimartino, fino alle Luci della Centrale Elettrica e Appino dei The Zen Circus. Non semplici featuring, ma veri e propri sodalizi artistici che hanno arricchito la sua musica.
Con oltre 300 concerti alle spalle e collaborazioni che spaziano dal Premio Campiello (accompagnando Lodo Guenzi al pianoforte) ai palchi più prestigiosi d’Italia, Nicolò Carnesi rappresenta quella generazione di cantautori che non si accontenta di ripetere formule consolidate, ma cerca costantemente nuove strade espressive. “Ananke” è l’ultima, coraggiosa tappa di questo percorso.
Il nuovo lavoro del cantautore siciliano è un coraggioso esperimento sonoro che sfida le convenzioni del pop moderno.
C’è qualcosa di profondamente coraggioso nel nuovo lavoro di Nicolò Carnesi. In un’epoca in cui l’algoritmo di Spotify detta le regole e i ritornelli devono arrivare entro i primi 30 secondi per non perdere l’ascoltatore distratto, “Ananke” si prende tutto il tempo che vuole. E fa bene.
Otto tracce che partono dal cantautorato per evolversi in una dimensione strumentale completamente nuova, dove la psichedelia si intreccia con l’elettronica e il rock con uno sguardo rivolto al futuro.
I richiami floydiani sono palesi, impossibili da ignorare, ma non suonano mai come sterile imitazione. Piuttosto, Carnesi sembra aver assorbito quella lezione di libertà compositiva e l’ha fatta sua, creandosi uno spazio personale nel panorama musicale italiano.

Le strutture non convenzionali sono la vera forza di questo disco. Gli intro superano abbondantemente il minuto – a volte sfiorano i due – e strofa e ritornello faticano a distinguersi, fondendosi in un flusso continuo che respira e pulsa di vita propria. Ma attenzione: questo non è un difetto. In un mondo musicale di totale omologazione, dove tutto deve essere immediato e digeribile, “Ananke” rappresenta una boccata d’aria fresca. O meglio, una boccata d’aria rarefatta, quella che si respira in alta quota.
Il denominatore comune di tutti i brani è l’effetto sorpresa. Proprio quando pensi di aver capito dove sta andando la canzone, ecco che Carnesi ti destabilizza con un cambio di tonalità o di tempo. È come se l’artista volesse costantemente “far prendere aria” all’ascoltatore, impedendogli di adagiarsi in una comfort zone sonora. Una scelta rischiosa ma che paga.
Il fatto che Carnesi abbia fatto tutto completamente da solo – scrittura, registrazione, missaggio, persino l’artwork – si sente in ogni nota. C’è un’urgenza espressiva, una necessità di comunicare senza filtri che attraversa l’intero album. Il mito greco di Ananke, dea del Destino e della Necessità, diventa il pretesto per un viaggio notturno nei meandri della psiche, dove sintetizzatori, chitarre fuzz e campionamenti di vinili creano paesaggi sonori perturbanti e onirici.
Tuttavia, c’è un elemento che rischia di compromettere l’ascolto: il mix. Le frequenze basse sono molto, troppo enfatizzate. Il basso dub, affascinante all’inizio, a lungo andare può risultare fastidioso, quasi oppressivo. Non è chiaro se si tratti di una scelta stilistica deliberata o di un errore di mixaggio, ma il risultato è che alcune tracce risultano appesantite da questa presenza ingombrante delle basse frequenze. Un peccato, perché toglie respiro a composizioni altrimenti ariose e stratificate.

“Ananke” è un album che abita la notte, nato nella dimensione sospesa delle ore piccole. I suoni emergono fluidi e indefiniti come i sogni, senza essere confinati in strutture prestabilite. È musica che richiede attenzione, che non si concede facilmente ma che, una volta entrati nel suo mood, rivela profondità inaspettate.
Nicolò Carnesi ha avuto il coraggio di seguire la sua visione artistica senza compromessi, creando un lavoro che sicuramente lascerà il segno in chi avrà la pazienza e la curiosità di immergersi completamente nel suo universo sonoro.
Un disco non per tutti, ma proprio per questo necessario. In un panorama musicale sempre più uniforme, “Ananke” è un grido di libertà creativa che merita di essere ascoltato. Con le dovute cuffie e il volume giusto per non farsi sopraffare da quel maledetto basso.
Voto: 8