Freddy Mercury: oggi il frontman dei Queen avrebbe compiuto 78 anni

Il 5 Settembre del 1946 nacque Freddy Mercury, uno dei cantautori e compositori più famosi di tutti i tempi. Nel 1970 insieme al chitarrista Brian May e al batterista Roger Taylor fondò i Queen.
Foto: Queen Productions Ltd

Freddy Mercury è considerato senza ombra di dubbio, uno dei più celebri e influenti artisti nella storia del rock e viene riconosciuto come uno dei migliori frontman di sempre.

Farrokh Bulsara (in arte Freddy Mercury) a partire dai nove anni, seguì corsi di pianoforte in India e più tardi, con il suo trasferimento a Londra, iniziò a suonare la chitarra, cominciando poi a partire dagli anni ottanta a fare grande uso di sintetizzatori in studio di registrazione.

Freddie Mercury dimostrò sin da bambino particolare interesse per la musica e crebbe ascoltando le sonorità orientali della cantante Lata Mangeshkar, che conobbe durante la sua gioventù in India.

Con lo spostamento a Londra, iniziò a conoscere in modo più approfondito la musica dei maggiori artisti del periodo; tra i suoi cantanti preferiti vi erano Jimi Hendrix, John Lennon e Robert Plant, apprezzando inoltre Jim Croce ed Eric Clapton.

Mercury era inoltre attratto dalla cantante e attrice Liza Minnelli. Anche Elvis Presley rappresentò un esempio per Mercury, al quale rese omaggio con Crazy Little Thing Called Love, una canzone scritta in stile rockabilly; durante i concerti, spesso la band inglese era solita suonare brani di Presley, come “Jailhouse Rock” e (You’re So Square) Baby I Don’t Care.

Tra i gruppi musicali, venne fortemente influenzato dai Led Zeppelin, The BeatlesRolling StonesBlack Sabbath e The Who; nutriva poi anche una grande passione per l’opera.

Lo stile glam di Mercury, e in generale dei Queen, fatto di abiti bizzarri ed eccentrici, occhi truccati e unghie laccate, nacque alla fine degli anni sessanta, ed ebbe come primi esponenti David Bowie e T. Rex, artisti ai quali facevano riferimento i quattro musicisti anche da un punto di vista musicale.

Foto: Neal Preston

Nonostante la sua voce baritonale, Freddie Mercury cantava su tessiture da tenore leggero durante le incisioni e le registrazioni degli album; soprattutto nel primo decennio della propria carriera, utilizzò anche la tecnica del falsetto, che dava alla sua voce una timbrica ariosa e femminile, raggiungendo così tonalità a lui poco congeniali in modo più agevole.

Mercury attribuiva la sua estensione vocale all’iperdontia di cui soffriva, essendo nato con quattro incisivi oltre la norma; per timore di modificare il timbro o l’estensione del suo canto, non volle mai correggere questo difetto. David Bret ha detto che la sua voce era in grado di compiere “scale musicali in poche battute, passando da un ruggito rock gutturale a un acuto puro e cristallino, una coloratura perfetta”.

Dopo la morte, Montserrat Caballé disse di lui: «La sua tecnica era impressionante. Non aveva alcun problema di tempo, cantava con un senso del ritmo incisivo, scivolando da un registro vocale all’altro senza alcuno sforzo. Aveva grande musicalità. Il suo fraseggio poteva essere sottile, delicato e dolce o più energico e deciso. Era in grado di trovare il giusto timbro, la giusta sfumatura espressiva per ogni parola».

Il cantante dei Who, Roger Daltrey descrisse Mercury come “il miglior cantante rock ‘n’ roll di tutti i tempi. Poteva cantare qualsiasi cosa in qualsiasi modo. Poteva cambiare il suo stile da una strofa all’altra, talento in cui era virtuoso.

Nell’ Aprile del 1970 Farrokh Bulsara cominciò a farsi chiamare Freddie Mercury, decisione presa con la composizione della canzone “My Fairy King“.

Nel 1971 la band venne completata dal bassista John Richard Deacon e organizzò il primo tour, suonando per i locali della Cornovaglia con lo scopo di acquisire maggior sicurezza sul palcoscenico. 

Nel 1972 Mercury disegnò il logo definitivo dei Queen, chiamato “Queen Crest”, traendo spunto dallo stemma reale del Regno Unito e includendo nel disegno i segni zodiacali dei quattro componenti della band.

L’anno successivo uscì il primo album della band, “Queen“, con brani registrati presso i Trident Studios; prima dell’uscita del disco, Mercury pubblicò i singoli “I Can Hear Music” e “Goin’ Back“, rispettivamente cover dei brani di The Ronettes e Dusty Springfield, sotto lo pseudonimo di Larry Lurex.

Nel 1975 venne pubblicato “A Night at the Opera“, che consacrò definitivamente il quartetto. Il singolo “Bohemian Rhapsody“, caratterizzato da sovraincisioni e porzioni di musica rock alternata all’opera, divenne il simbolo della creatività del gruppo e soprattutto di Mercury che ne era l’autore; la registrazione della canzone durò tre settimane di cui una dedicata esclusivamente alla parte vocale centrale. Nel 1976, durante il “A Night at the Opera Tour“, i Queen visitarono il Giappone, la cui cultura influenzò notevolmente Freddie Mercury.

Negli anni successivi, Mercury scrisse alcune tra le più importanti canzoni della band britannica, come “Somebody to Love” (A Day at the Races, 1976), “We Are the Champions” (News of the World, 1977), “Don’t Stop Me Now” (Jazz, 1978), “Crazy Little Thing Called Love” (The Game, 1980).

Queen – Bohemian Rapsody (Live Aid 1985)

Nel 1980, anno in cui uscì Flash Gordon, colonna sonora dell’omonimo film, Freddy Mercury cambiò notevolmente il suo aspetto, tagliandosi i capelli e facendosi crescere i baffi, seguendo la moda “Castro clone” lanciata a San Francisco dalla comunità omosessuale dell’epoca; questa trasformazione fu inizialmente osteggiata da alcuni sostenitori, che inviarono al cantante rasoi da barba usa e getta.

Il 1983 fu un anno di transizione, poiché Freddie si trasferì a Monaco di Baviera, la cui vita notturna lo condizionò a tal punto da ammettere che non riuscì a lavorare «quasi mai in condizioni psicologiche perfette».

Alla fine del 1982, i Queen, dopo il successo del The Game Tour e dell’ Hot Space Tour, decisero di comune accordo di separarsi per un certo periodo, a causa sia dell’insoddisfazione del pubblico riguardo all’album Hot Space, nel quale anche la band non si riconosceva pienamente, sia ad alcune tensioni maturate all’interno del gruppo.

I quattro cominciarono così a dedicarsi individualmente a propri progetti solisti; Mercury, che aveva già ipotizzato precedentemente di pubblicare un album proprio, lavorò a Monaco con Giorgio Moroder alla colonna sonora della versione restaurata del film di Fritz LangMetropolis.

Con il compositore italiano scrisse il brano Love Kills, il suo primo singolo da solista, che raggiunse la decima posizione nella classifica britannica, nonostante la critica avesse giudicato il pezzo negativamente, candidandolo come peggior canzone originale ai Razzie Awards.

Nel 1983 Freddie si trasferì a vivere anche a New York per alcuni mesi e nell’agosto 1983, i Queen registrarono insieme The Works, inaugurando un nuovo tour mondiale nominato The Works Tour.

Tennero alcuni concerti a Sun City, città sudafricana considerata il simbolo dell’ apartheid, osteggiata in passato anche dalle Nazioni Unite, motivo per cui la band fu fortemente criticata in tutto il mondo e accusata di mirare esclusivamente al denaro, legittimando di fatto la segregazione razziale; il gruppo rispose che non erano una band politicizzata, precisando inoltre che il pubblico dei loro spettacoli era composto da uomini di tutte le etnie, organizzando ad ogni modo vari eventi e iniziative benefiche dopo le contestazioni.

Tra il 12 e il 19 gennaio 1985, la band prese parte a Rock in Rio, dove suonarono davanti a circa 250.000 persone in due serate, un primato assoluto per l’epoca, e tra i momenti principali dell’evento vi fu il duetto tra Mercury e il pubblico sulle note di “Love of My Life“.

Il 13 luglio 1985 il quartetto partecipò al Live Aid, un concerto umanitario organizzato da Bob Geldof che vide la partecipazione dei più importanti artisti internazionali, allo scopo di ricavare fondi in favore delle popolazioni dell’ Etiopia, colpite da una grave carestia.

I Queen si esibirono al Wembley Stadium di Londra e i loro venti minuti di esibizione sul palco «consegnarono alla storia i Queen e fecero di Freddie Mercury una leggenda».

La loro performance è considerata una delle migliori di tutti i tempi e Freddy Mercury costruì in questa esibizione il «mito di insuperabile frontman».

Foto: Neal Preston

Il 29 aprile dello stesso anno uscì il primo album da solista di Freddy Mercury, Mr. Bad Guy, caratterizzato da sonorità pop, disco e dance.

Questo suo primo lavoro, prodotto da Reinhold Mack, contiene alcune tracce scritte dal cantante originariamente composte per far parte di The Works, ma che in seguito furono scartate dalla band, tra cui “Made in Heaven“, “I Was Born to Love You” e “There Must Be More to Life Than This“.

Living on My Own” fu una della canzoni di maggior successo di Mr. Bad Guy, che complessivamente non ottenne notevoli risultati da un punto di vista commerciale, nonostante venisse generalmente apprezzato dalla critica, arrivando comunque al sesto posto nella classifica inglese e restandovi per ventitré settimane; negli Stati Uniti il disco si fermò solo alla 159ª posizione.

Il 6 giugno 1986 i Queen inaugurarono a Stoccolma il Magic Tour, organizzato per promuovere A Kind of Magic, disco che fu anche la colonna sonora di Highlander – L’ultimo immortale; nelle ventisei date la band raccolse circa un milione di spettatori.

L’11 e 12 luglio tornarono a suonare al Wembley Stadium, davanti a un pubblico di 70.000 persone, in quelli che divennero due dei loro concerti più famosi e celebrati.

Freddie Mercury concluse la scaletta di ogni data sulle note di “God Save the Queen“, vestito da re e indossando un lungo mantello di pelliccia e la corona.

Queen – We Are the Champions – God Save the Queen (Live at Wembley 11-07-1986)

L’ultima esibizione dal vivo dei Queen si tenne il 9 agosto 1986 nel parco di Knebworth: questo fu l’ultimo concerto di Freddie Mercury, davanti a 120.000 spettatori.

Nel corso di quell’anno Mercury iniziò a provare malesseri diffusi e decise, nel mese di ottobre, di effettuare degli esami sierologici in una clinica di Harley Street, mantenendo tuttavia un estremo riserbo sulle sue condizioni fisiche con chiunque; nel tardo aprile 1987 Mercury fece degli ulteriori accertamenti medici più specifici, durante i quali gli fu diagnosticata la sindrome dell’ AIDS, che gli causò l’insorgenza di altre patologie come il sarcoma di Kaposi, nonché gravi problemi respiratori cronici; non seppe mai con certezza da chi venne contagiato.

Nonostante fosse stato messo a conoscenza della sua condizione, Freddy Mercury decise di continuare la sua carriera musicale e a seguito del grande trionfo del Magic Tour decise di dedicarsi a nuovi progetti personali.

Sempre nel 1986 infatti partecipò alla stesura del musical Time di Dave Clark, scrivendo e talvolta interpretando le ballate Time e In My Defence, mentre l’anno successivo pubblicò la cover dei The Platters “The Great Pretender“, distribuita come singolo nel mese di febbraio, arrivando alla quarta posizione nella classifica inglese e risultando tra i maggiori successi della sua carriera solista, e incise “Hold On” insieme all’attrice Jo Dare, singolo prodotto da Reinhold Mack per il film Zabou.

Nel corso del 1987, inoltre, Mercury smise di seguire la moda Castro Clone, radendosi i baffi e facendosi crescere la barba, nel tentativo di nascondere i segni del tumore di Kaposi.

Nel 1988, in collaborazione con Montserrat Caballé, soprano spagnolo conosciuta nel maggio 1983 a una rappresentazione di Un ballo in maschera, pubblicò Barcelona, album con canzoni in inglese e in spagnolo che unisce la pop music con la musica lirica, genere musicale apprezzato da Mercury fin dagli anni settanta e già trattata ad esempio con “Bohemian Rhapsody“.

La critica fu divisa per quanto riguarda i giudizi sul disco, tra chi lo riteneva un esperimento estremamente riuscito e lo descriveva come “il più bizzarro CD dell’anno”; Barcelona ebbe comunque un buon successo commerciale, arrivando all’ottava posizione della classifica del Regno Unito e diventando una hit in Spagna. La title track, presentata nel 1987 durante un’esibizione con i due cantanti ai Ku Club di Ibiza e replicata al La Nit Festival nell’ottobre 1988 davanti al Re e alla Regina di Spagna, in quella che fu l’ultima esibizione dal vivo di Freddie Mercury, divenne nel 1992 l’ inno ufficiale dei Giochi della XXV Olimpiade di Barcellona.

Contrariamente a quanto erano soliti fare, non vi fu alcun tour dei Queen dopo la pubblicazione di The Miracle nel 1989, su volontà di Freddy Mercury, a suo dire stremato dal Magic Tour, così il quartetto cominciò subito le registrazioni per un nuovo album in studio.

Il cantante, nel corso del 1989, quando i segni della malattia cominciarono a essere evidenti, confessò di essere sieropositivo agli amici più intimi; a May, Taylor e Deacon, che avevano già intuito lo stato di salute del cantante, questi rivelò la sua condizione durante una cena nel maggio di quell’anno a Montreux, in Svizzera, sede dei Mountain Studios dei Queen, nel periodo conclusivo delle registrazioni di Innuendo.

Alcune testate giornalistiche cominciarono a sospettare che il frontman fosse effettivamente malato, sospetti derivati principalmente dal suo aspetto, dalla decisione di sospendere i tour della band e dalle confessioni di alcuni suoi amanti pubblicate sulle pagine dei tabloid inglesi del tempo; Freddy Mercury continuò comunque a dichiarare pubblicamente di non aver ricevuto nessuna diagnosi, decidendo però di abbandonare la vita pubblica.

Foto: Neal Preston

La crescente diffusione di notizie su una possibile malattia di Freddy Mercury, amplificate dalla morte per AIDS di Nikolai Grishanovich, uno dei suoi tanti amanti, portò il gruppo a decidere di diffondere un comunicato stampa ufficiale, nel quale si smentiva ogni illazione sul cantante.

Per sfuggire ai tabloid, Mercury si trasferì a Montreux, nella primavera del 1991, dove affittò un’abitazione in riva al lago denominata Duck House.

La sua ultima apparizione pubblica fu nel video della canzone “These Are the Days of Our Lives“, in cui il frontman appare molto dimagrito; il videoclip del brano, registrato il 30 maggio 1991 e tratto dal suo ultimo album con i Queen, Innuendo, venne tuttavia reso pubblico solo dopo la sua morte, su sua precisa volontà, per non dare adito ai vari rumor, e montato in bianco e nero per nascondere i segni della malattia sulla sua pelle.

Durante il soggiorno a Montreux, Freddy Mercury continuò a registrare le tracce vocali dei vari brani presso i Mountain Studios, nonostante fosse molto debilitato dalla malattia e costretto a riposo per molte ore al giorno.

L’ultima canzone che il frontman registrò fu “Mother Love“, tra il 13 e il 16 maggio 1991, brano che, per la debolezza causata dalla malattia, dovette eseguire da seduto e non riuscì a cantare per intero, dovendo cedere il posto a Brian May.

Mercury rientrò a Londra a fine giugno per stare vicino ai suoi cari.

Le sue condizioni di salute si aggravarono ulteriormente e venne sottoposto ad alcune cure sperimentali con medicinali che arrivavano di nascosto alla Garden Lodge.

Nelle ultime settimane Mary Austin gli fece spesso visita, trascorrendo svariate ore in sua presenza; oltre alla donna, anche Jim Hutton, compagno di Mercury, Joe Fanelli, chef personale della rockstar, e Peter Freestone, suo assistente personale, supportavano il cantante.

Negli ultimi giorni Mercury cominciò a perdere la vista e la propria condizione fisica peggiorò ulteriormente, a tal punto che non riuscì più ad alzarsi dal letto; decise così di non assumere più farmaci salvo alcuni antidolorifici.

Il 22 novembre 1991, consapevole del suo stato terminale e della grande attenzione mediatica a lui dedicata, il cantante convocò nella sua casa Jim Beach, manager dei Queen, per redigere un comunicato ufficiale che venne consegnato alla stampa il giorno dopo: «In seguito alle disparate congetture diffuse dalla stampa nelle ultime due settimane, desidero confermare che sono risultato sieropositivo e di aver contratto l’AIDS. Ho ritenuto opportuno tenere privata questa informazione fino a oggi per proteggere la privacy di quanti mi circondano. Comunque, è giunto il momento di far conoscere la verità ai miei amici e ai miei fan e spero che si uniranno a me, ai miei dottori e a quelli di tutto il mondo nella lotta contro questa terribile malattia.»

A poco più di ventiquattr’ore dal comunicato, alle 18:48 del 24 novembre 1991, Mercury morì nella sua casa di Logan Place a causa di una broncopolmonite aggravata da complicazioni dovute all’AIDS, all’età di 45 anni, con Jim Hutton al suo fianco.

I funerali, che si svolsero al Kensal Green Cemetery in forma strettamente privata, furono celebrati da due sacerdoti zoroastriani; alle esequie parteciparono soltanto trentacinque persone tra cui i suoi genitori, la sorella Kashmira con il marito, i suoi compagni di band John Deacon, Brian May e Roger Taylor, Mary Austin e i cantanti Elton John e David Bowie.

Il feretro venne accompagnato nella cappella al suono delle cover di Aretha Franklin di “Take My Hand, Precious Lord” e “You’ve Got a Friend“.

Secondo le sue ultime volontà, Mercury fu cremato e le sue ceneri affidate a Mary Austin, la quale le conservò nella sua camera da letto per circa due anni e, successivamente, le sparse segretamente nel luogo scelto dal cantante.

Nel suo testamento, il cantante affidò la metà esatta del suo patrimonio, pari a circa dieci milioni di sterline, oltre alla Garden Lodge, a Mary Austin, mentre il resto del patrimonio fu diviso tra i genitori e la sorella Kashmira Bulsara-Cooke; anche Jim Hutton, Peter Freestone, Joe Fanelli e Terry Giddings, suo autista e guardia del corpo, ottennero parte della sua eredità.

Il muro esterno della Garden Lodge divenne di fatto un santuario di Mercury, con i fan che tappezzarono il muro di scritte e fogli di carta, divenendo secondo il Time Out “il più grande tempio rock ‘n’ roll di Londra”.

Queen – We Will Rock You (Official Video)

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